Martedì 19 Giugno 2007 – Ferrata Ettore Bovero al Col Rosà (Dolomiti)
Oggi ferie. S’interrompe il ripetitivo lavoro per dedicarsi allo spirito.
Oggi si cerca lassù quella soddisfazione che troppo spesso la vita nega o distilla. Quel senso di semplice e piena soddisfazione che solo il raggiungimento di un obiettivo, studiato e sognato, può dare.
Oggi si sale alla cima del Col Rosà, ammirato nel 2006 mentre tra la ferrata Dibona al Cristallo e la ferrata Formenton sulle Tofane, si passava una notte di meritato riposo all’albergo Fiames, a nord di Cortina.
Proprio appena a nord-ovest dell’albergo Fiames si può ammirare il Col Rosà, con i suoi 2166 metri di altezza.
Alla cima del Rosà si arriva per sentiero, inizialmente, e per via ferrata poi: la via ferrata Ettore Bovero al Col Rosà.
A chi avesse letto “Signore delle Cime” di Francesco Vidotto (CARABBA EDITORE), voglio ricordare che è proprio sul Col Rosà che viene ambientata una buona parte della storia. In particolare, sul tracciato della Ferrata Ettore Bovero al Col Rosà hanno inizio alcune delle vicende che sono in seguito la parte centrale della trama del libro.
Passata Cortina ci si dirige al Campeggio Olympia. Qui si lascia l’auto per iniziare una sterrata in bosco, semi pianeggiante, accogliente ed ombreggiata.
Si procede paralleli al torrente Boite, sul lato opposto rispetto a dove passa la statale, fino ad incontrare il primo bivio, in località Pian De Ra Spines (quota 1301). Siamo all’incirca all’altezza di dove sorge l’albergo Fiames, sull’altro lato del torrente.
Il segnavia da seguire è il 408 che, salendo su sentiero di bosco ombreggiato ma più pendente della strada appena lasciata, ci conduce al Passo Posporcora (1720).
Questo tratto ci avvicina rapidamente alle pareti rocciose del Col Rosà, offrendo anche ottimi scorci verso le Tofane ed il circondario.
Da Passo Posporcora, altri 50 metri sulla destra e si trova il segnale (ben visibile) per la Ferrata Ettore Bovero al Col Rosà. E al Col Rosà già s’inizia a salire, anche se il primo tratto è ancora sentiero in bosco e successivamente su roccia facile e non attrezzata.
Siamo oramai sulla roccia, il sole è altro, abbiamo scelto un’ottima giornata ma un pessimo orario… La ferrata è tutta esposta al sole e noi ci stiamo muovendo nelle ore peggiori!
Comunque si sale e arriviamo alla targa che indica l’inizio della ferrata Ettore Bovero, datata 25 luglio 1965. Foto ricordo e avanti ancora.
Attenzione sulla parte di roccia, in vista di una delle numerose grotte, una cengia molto invitante procede verso destra ma è sbarrata da un piccolissimo, simbolico, muretto di sassi. Il percorso corretto sale infatti a sinistra della grotta ed una grossa freccia rossa lo sottolinea. E’ l’unico tratto dove procedendo in modo “distratto” si può rischiare di finire fuori tracciato.
Finalmente, dopo aver aggirato il Colle verso ovest, arriviamo all’inizio della parte attrezzata. E’ il momento della vestizione, quasi un rituale, dove ci si prepara, si controlla ancora una volta l’attrezzatura, s’infilano i guanti e s’inizia a studiare la parete… Ci siamo, è il momento di salire, parto io per primo.
Per me è la prima ferrata classificata come difficile, ma l’inizio non è molto peggio di altre già percorse. Questo infonde un certo coraggio e senso di sicurezza… Anche se l’assicurazione più grande sono sempre la concentrazione, la calma e quel paio di moschettoni sempre ben fissati alla corda d’acciaio!
Saliamo rapidi, una mano sulla corda ed una sulla roccia, in stile ferrata. Ben presto arriva qualche passaggio dove lo zaino tende un po a tirare in fuori, l’appiglio non è immediato, la corda fissa si fa preziosa.
Non esitiamo ad utilizzare la corda quando necessario, io soprattutto. Non ne facciamo certamente il normale modo di procedere, ma a volte non vale la pena rischiare acrobazie troppo spinte, considerando soprattutto che io non sono così pratico di questo modo di procedere.
Ci scherziamo su definendo “perfetto stile alpino” ogni fantasioso passaggio dove la corda diviene fondamentale sostegno o il piede appoggia “sul” chiodo fisso di ancoraggio della corda, e così via…
Ma si procede bene, il sole è caldo, passiamo anche un piccolo camino, una breve cengia, qualche breve tiro più verticale degli altri.
La ferrata si lascia percorrere senza intoppi e mostrando sempre qualcosa di nuovo da passare, qualche mini sfida che tanto fa bene all’autostima.
In meno di un’ora siamo su un piccolo pianoro, l’unica interruzione alla via ferrata, e già s’intravede la cima del Col Rosà.
Ci sono ospiti in cima, ci guardiamo un po attorno e su sentierino ci portiamo sotto all’ultima parete da salire.
Tratto finale piuttosto facile, attrezzato con gradini infilzati nella roccia. Ultimo sforzo ed ultima gioia. Siamo in cima!
Salutiamo gli stranieri e li aiuto a fare una foto di gruppo. Credo siano della Repubblica Ceca. Dieci minuti dopo ripartono e ci lasciano la cima in esclusiva.
Siamo solo noi due, una croce di legno ed un panorama dolomitico a 360 gradi.
Siamo felici, io in particolare, visto che è un’esperienza che ancora non avevo vissuto, legata anche ad un libro da poco letto e soprattutto perché l’ascesa rappresenta qualcosa di sognato, pianificato ed infine degnamente realizzato.
Sostiamo in cima per più di mezzora. Sfoglio il diario di vetta, aggiungo un commento, mangiamo qualcosa, prendo qualche foto e ci rilassiamo.
Il tempo scorre, è ora di scendere. Seguo il mio amico che ben ricorda dove inizia il sentiero: prima a nord della cima e poi gradualmente piegando verso est. La parte alta, che si spinge a nord della cima mi è sembrata piuttosto difficile da vedere in mezzo ai baranci (pino mugo), ma forse ero io più distratto del solito.
Discesa non breve e con vari dislivelli da superare su tratti di sentiero a zig-zag. A volte il sentiero risulta un po “forzato”, tenuto insieme da pali e rinforzi di legno, che gli danno un aspetto quasi inospitale, come se il Col Rosà volesse scrollarselo di dosso.
Tutta la discesa, fino alla sterrata lungo il torrente Boite, mi lascia un’impressione di “forzatura”, ma forse non sono dell’umore giusto, forse il mio punto di vista è oggi troppo “aulico”.
Siamo finalmente sulla sterrata. Incrociamo anche qualcuno che si dedica alla corsa serale… Gran bel tracciato per un po di allenamento!
Procediamo a cuor leggero fino ad attraversare Pian De Ra Spines (dove abbiamo imboccato il primo bivio) ed ancora oltre, fino al campeggio.
Qui, senza nemmeno appoggiare gli zaini, facciamo rotta verso il bar interno all’Olympia.
Un paio di birre per ristabilire gli equilibri salini… Un po’ di relax e quattro chiacciere.
Mezzora dopo infiliamo gli zaini ed il materiale in auto, pronti per puntare verso una buona pizzeria.
Splendida giornata, splendida zona, grande “impresa”!
Alcuni link informativi che possono tornare utili: