06 settembre 2009 – Ferrata Kandersteg-Allmenalp (Svizzera).
Una giornata in sella alla mtb e ora, dopo una buona doccia, un po di relax in veranda.
Siamo a Trummelbach, nella valle di Lauterbrunnen (Svizzera).
Seduti in veranda, al fresco, prepariamo il piano per il giorno successivo.
Si è deciso di provare una ferrata tra le due disponibili qui in zona.
La prima, sta proprio qui a pochi passi, alla fine della cabinovia che porta su a Mürren.
La seconda invece è la ferrata Kandersteg-Allmenalp, e dista circa 40 minuti di auto da qui.
Siamo un po’ combattuti.
Scegliere la più vicina significa affrontare un livello K4 che probabilmente è il nostro ideale, perlomeno per un paio di noi.
La ferrata Kandersteg-Allmenalp è invece un K5, penultimo livello su una scala di difficoltà che qui in Svizzera vede il K6 come massimo livello.
Non è che vogliamo per forza andar oltre i nostri limiti, ma sicuramente la ferrata Kandersteg-Allmenalp ci porterebbe a visitare una vallata nuova, richiederebbe inoltre un tempo maggiore di percorrenza e soprattutto sarebbe ubicata in posto più difficilmente raggiungibile dal nostro amico che ci ospita.
La Ferrata di Mürren invece, più semplice e più breve, è però per il nostro amico la ferrata fuori porta, realizzabile in qualsiasi momento, semplicemente uscendo di casa a piedi e raggiungendo la vicina cabinovia.
La decisione non è facile, e ci richiede un po di discussione. Alla fine, sebbene io non concordi pienamente, si sceglie di affrontare la più lontana e complessa, la ferrata Kandersteg-Allmenalp.
Ci dormo sopra, ma il giorno successivo non sono ancora particolarmente convinto. Più di tutto mi preoccupa il mio compagno di viaggio, non così abituato alle vie ferrate.. E pure io non sono esattamente rilassato, specie se penso che ci basiamo su una scala di valutazione che in Italia non esiste (K1, K2, … K6).
Comunque sia, finita la colazione si parte.
Passiamo un pò di tempo in macchina, seguendo le indicazioni precise di un TomTom del quale poco ci fidiamo … Alla fine arriviamo a destinazione, verso la parte terminale di una vallata quasi parallela a quella di Lauterbrunnen.
Cerchiamo una piccola cabinovia dalla quale dovrebbero partire le indicazioni per avvicinarsi all’attacco della ferrata.
Eccola. Perso tra i prati, il piccolo impianto accompagna comodamente alla parte finale della ferrata i turisti meno intraprendenti, mentre spiega con alcuni brevi depliant il tracciato ai più avventurosi.
Diamo un’occhiata al depliant ed proviamo a cercare dal vivo il tracciato sulla parete che abbiamo di fronte… Leggermente impressionante… La parete iniziale è quasi totalmente verticale, e circa a metà di essa si vedono piccoli esserini che percorrono un tracciato praticamente sospeso nel nulla.
Non molto invitante, a dir il vero, sebbene tutta quella gente in parte tenda di per sé a confortarci un pochino.
Ok, si va. Oramai siamo qui, tanto vale provare almeno a vedere come inizia.
Avvicinamento su strada sterrata e poi su sentiero in bosco, ma subito la vegetazione si fa rada e giungiamo al cospetto della parte già osservata da lontano.
Siamo all’attacco, che altro non è se non una scala verticale, forse leggermente strapiombante. S’inizia.
La scala finisce presto e viene sostituita da pioli che escono dalla roccia, preparati con cura per metterci sia i piedi che le mani.
Ci metto un po ad abituarmi, a capire bene come fare il minor numero di passi mantenendomi però in sicurezza, a capire anche come incrociare o meno i piedi in modo da passare agilmente da un piolo all’altro, tenendo il corpo di traverso.
C’è sempre una corda di sicurezza a cui agganciare i moschettoni, ma più procediamo e più l’esercizio diventa monotono ed il tracciato esposto.
La traversata della parete, già osservata dall’impianto di risalita, si rivela una ininterrotta passeggiata su pioli, aggrappati a pioli con le mani e sospesi su pioli con i piedi.
Verticale, esposta e pure snervante, se si considera che a causa della coda si staziona lì sui pioli anche qualche minuto, fermi, senza poter muovere un piede.
Dopo la parete mi ritorna il sorriso, finalmente ci affacciamo al primo dei due ponti tibetani. Non so perché, ma i ponti tibetani m’impauriscono e mi attraggono, contemporaneamente. E’ come trovarsi di fronte uno dei tanti paletti che nel corso della vita ci siamo imposti o ci sono stati imposti, e finalmente aver modo di passarlo.
E lo passiamo senza troppi problemi, sia io che i miei due amici, che tutto il resto della massa lì presente quel giorno.
Fino ad ora la difficoltà è minima, nonostante la ferrata sia molto esposta. Inizio un po a dubitare che, alla fine, la ferrata Kandersteg-Allmenalpdella sia una continua teoria di metallo dove mettere mani e piedi. Comincio a dubitare del tracciato stesso, quasi fosse stato fatto passare appositamente nei punti più esposti solo per il gusto di creare qualcosa di spettacolare. Comincio a pensare che la filosofia di costruzione sia abbastanza diversa dalle care buone ferrate italiane.
Ma procediamo, siamo solo all’inizio.
Dopo il primo ponte ci attente una sosta di 15 minuti, in coda, per poter approcciare un tetto dove scale orizzontali, verticali e avvitate su loro stesse, ci consentono di passare dove probabilmente nessuna ferrata sensata penserebbe mai di passare.
Sono sempre più sconfortato. Inizio a guardarmi intorno per cercare un percorso più naturale, un percorso più normale che avrebbe potuto fare di questo parco giochi in metallo una ferrata un po più seria.
Ma non c’è tempo, bisogna procedere, i due pioli dove sei perennemente appoggiato con i piedi servono a quello che ti segue nella coda… Che palle!!!
Umore sempre più basso, e ancora pioli e pioli. Poi d’un tratto i pioli finiscono! … E iniziano le graffette!!! … Da non credere… Un tratto che poteva essere semplicemente attrezzato con una corda fissa per assicurarsi, è stato invece trasformato in una scala di graffette.
Ho oramai la pianta del piede bollente, a forza di poggiare costantemente sul punto centrale, a forza di camminare su pioli e graffette. Il mio amico invece inizia a sentire l’effetto della tensione dovuta all’esposizione ed allo stazionamento sui pioli, con qualche centinaio di metri di volo sotto. L’effetto è ovviamente una serie tremenda di crampi ad entrambe le gambe.
Bene. Sconfortati, incazzati e con i crampi. E ci manca ancora, almeno, l’ultimo terzo di ferrata.
Per fortuna il più esperto dei tre si prodiga a far passare i crampi e rassicurare sul breve tratto ancora mancante … Io sono di pessimo umore, procedo ma non ho alcun entusiasmo.
Una passerella sospesa nel vuoto, che non ho ben capito perché qui serva e altrove invece no, e dopo alcuni passi siamo al secondo ponte tibetano.
Altri massaggi anti crampo aspettando il turno per passare e intanto qualcuno attraversa il baratro con una carrucola attaccata a funi fisse. “Tyrolienne” la chiamano, ce ne sono 2 o tre lungo la ferrata… e a me pare proprio che il parco giochi sia completo… che tristezza.
Passato il secondo ponte tibetano, dove ho sudato freddo molto più che sul primo, ci restano un’altra allegra collezione i pioli da percorrere e finalmente la tortura finisce!
OK, non posso dire che alla fine non mi abbia fatto piacere averla percorsa tutta, ma non posso nemmeno dire che mi sia piaciuta come ferrata, e tanto meno posso dire di condividerne la filosofia di realizzazione del tracciato.
Sono sicuro che c’era modo di passare altrove, e se anche non ci fosse stato, forse valeva la pena non costruirla nemmeno. Riempireste la Costantini di pioli pur di renderla camminabile? Non credo.
L’amico reduce dai crampi è finalmente un po’ meno teso, ma giura che questa è l’ultima ferrata che viene a fare… che peccato… e pensare che per me questa non è nemmeno una ferrata… avremo appoggiato i piedi su qualcosa di naturale per il 15% del tracciato, forse!
Bah … saliamo gli ultimi metri su prato, scambiandoci alcune considerazioni, ma abbiamo fame e sete e finalmente una baita appare dietro la curvatura di un bel prato verde.
E’ la baita dove i turisti più comodi sono arrivati con la cabinovia… forse stavolta avevano ragione loro!
Prendiamo posto e ordiniamo subito qualcosa di tipico.
Se non ho completamente soddisfatto il corpo, adesso è però il momento di darsi da fare per lo spirito!
Rösti, wurstel, crauti e birra … questo si che mette di buon umore!
Buon appetito!