15 Luglio 2007 – Ferrata Marino Guardiano alla cima del Pelf (2502).
Terza ed ultima giornata sul gruppo della Schiara.
Sveglia all’alba.
Riprendo coscienza e mi ricordo che il piano inclinato su cui mi trovo è una delle brandine del Bivacco Sandro Bocco al Marmol.
Fuori albeggia e la voglia di riempire gli occhi di luci e scenari è tanta.
Arranco. Le membra e la schiena ancora parzialmente intirizzite.
Finalmente spalanchiamo la porta e facciamo capolino sul mondo.
Fa freddo, ma è un freddo buono, un fresco intenso.
Si sta quasi in paradiso. Poche sono le situazioni paragonabili ad un’alba fredda e limpida sulle Dolomiti.
Iniziamo a passeggiare lentamente davanti al bivacco, goffi, arrugginiti, cercando di scaldarci e rendere più fluidi i movimenti.
Prendiamo qualche minuto per la colazione, scarsa ma comunque importante, ed a malincuore iniziamo ad infilare nello zaino il sacco a pelo, l’attrezzatura, le cianfrusaglie.
Ci siamo. Con un filo di malinconia guardo il mio amico chiudere la porta del bivacco Marmol, felice della mia prima notte in bivacco, pronto per un’ultima giornata intensa, alla conquista del Pelf.
Torniamo sulle nostre tracce, risalendo per alcuni minuti il sentiero della sera precedente, quello che conduce su sulla cima della Schiara.
Ad un bivio con un piccolo cartello, non frequenti in questa zona, lasciamo il sentiero che sale alla cima della Schiara e prendiamo invece un tracciato che lentamente scende alla piccola sella tra Pelf e Schiara.
Parzialmente attrezzato, il sentiero scende su gradoni e grandi lastre oblique. Un po di umido impone attenzione, ma per il resto questo tratto è semplice.
Fa impressione avvicinarsi alla parete del Pelf scendendo gradualmente in questa sorta di fondovalle sospeso. Non riusciamo a capire dove potrebbe passare il sentiero Marino Guardiano che conduce a cima Pelf, la parete di fronte a noi fa quasi impressione per quanto appare impenetrabile.
Siamo sulla selletta, che, per la cronaca, è chiamata forcella del Marmol.
Tra residui di neve, ben poca a dire il vero, ed un impareggiabile panorama sulle cime a nord, ci prepariamo ed aguzziamo la vista. E’ il momento di scoprire dove il sentiero Marino Guardiano sale la parete che abbiamo di fronte.
Catalogato più spesso come sentiero attrezzato che ferrata, stentiamo ad immaginare qualcosa di semplice che salga la parete che ci si para davanti.
Il tracciato di avvicinamento ci porta ad una targa, da dove appaiono chiari i primi tiri di corda fissa. In effetti, come oramai immaginavamo, la salita sarà tutt’altro che una passeggiata.
Forse qui, in questo momento, leggendo la targa iniziale, osservando come le corde fisse si incastrano tra le pieghe della parete, ho modificato un po la mia idea di sentiero attrezzato, eliminando rapidamente quell’aggettivo “semplice” che nella mia mente tendeva a differenziarlo dalla più classica via ferrata.
Incomincio a salire per primo, con cautela.
A percorrerlo il sentiero Marino Guardiano si rivela in effetti meno tremendo che a guardarlo da sotto, ma qui è vietato rilassarsi, ben presto un paio di passaggi ben esposti ci costringono a qualche acrobazia di troppo.
Osservo il mio amico, un po più esperto, avanzare e trovarsi comunque in difficoltà nei suddetti due passaggi. Questo un po mi conforta, ma di certo non toglie complessità alla salita.
Il primo pezzo, la parte più “da brivido”, non dura poi molto, ma lascia un bel segno nei nostri animi.
Ci chiediamo come alcuni possano definire il sentiero Marino Guardiano più semplice delle altre ferrate della Schiara. Su questo mi pare dissentiamo entrambi. Vi suggeriamo spassionatamente di non prendere il sentiero Marino Guardiano sotto gamba, non è di certo meno complesso delle altre ferrate della Schiara.
Fra tratti di prato scosceso, roccette e brevi tratti attrezzati, ci portiamo infine su di una cresta che lentamente ci porta ad una prima cima.
Salendo avvistiamo un gruppo di camosci, molto più in basso, su un tranquillo prato verde. Son cose che danno una certa ricarica di energia!
Dalla prima cima godiamo di una splendida vista sul bivacco Marmol, dove abbiamo passato la notte.
Per un attimo restiamo interdetti. Siamo in cima al Pelf? Non c’è croce, solo un ometto di pietre di una certa altezza, ma la cosa non ci convince.
In effetti guardando oltre, una seconda la cima pare avere sulla sommità quel che da qui appare come una croce. C’è ancora da camminare!
Un attimo di relax e poi via, sempre in cresta, quasi sul filo di una lama.
Da cima Pelf (2502), come anche da tutta la cresta percorsa per raggiungerla, la vista spazia su un mondo di cime. E’ un posto speciale dove fermarsi ad osservare le Dolomiti e non solo.
Mangiamo qualcosa. La stanchezza inizia a farsi sentire e la sete si fa viva nuovamente. Siamo ancora a corto di liquidi.
Al momento di partire facciamo un rapido calcolo del dislivello da percorrere in quasi totale discesa: 1800 metri circa! E’ qualcosa di enorme considerando che siamo già un po provati, ma stasera dobbiamo essere a case Bortot per rientrare poi verso casa.
Discesa meravigliosa, prevalentemente su prato, tra il verde vivo dell’erba ed il bianco soffice delle stelle alpine. Carnose e numerose come in pochi altri posti dove sono passato.
Arriviamo ai piedi di Sass del Mel e ci concediamo una sosta. Qui il 511, sul quale siamo scesi, incrocia il 505 che ci potrebbe portare nuovamente al rifugio Settimo Alpini. L’alternativa è di spingersi a sud sul 511 e passando per Casera Medassa raggiungere Ponte Mariano. Ci pare un po rischioso visto che siamo a corto di liquidi.
Decidiamo per una seconda visita al Rifugio Settimo Alpini.
Distanza non breve da Sass del Mel, attraverso Forcella Pis Pilon, ma che comunque ci assicura una gran birra ed un po di riposo sull’erba, nei pressi del Settimo Alpini.
Rivediamo con piacere alcuni dei volti conosciuti il primo giorno. Siamo in giro oramai da 3 giorni ed il nostro aspetto è un po decaduto, ma a quanto pare siamo ancora riconoscibili!
Meritata birra e meritata pennica. Risistemati a puntino partiamo per l’ultima discesa, fortemente intenzionati a fare un’unica sosta: un pediluvio nel torrente Ardo, nei pressi del ponte che sta ai piedi del Calvario.
Dal pediluvio in poi parliamo sempre meno ed iniziamo a tenere ritmi differenti.
Mi trovo a percorrere lunghi tratti in solitaria, quasi sospeso tra gli alberi, a precipizio sull’Ardo.
La stanchezza ed il peso dello zaino spengono ogni slancio fisico, procedo quasi per inerzia, lasciando più spazio alla mente che al corpo, oramai stremato.
Grande soddisfazione quando raggiungiamo l’auto a case Bortot (metri 700).
Abbiamo concluso 3 giorni impegnativi, ce ne rendiamo conto.
Siamo soddisfatti. Stanchi ma molto soddisfatti!
Un paio di foto di rito e c’infiliamo in auto.
E’ tempo di rientrare, tempo di una gran doccia e di vestiti puliti!
Alla prossima!
Le giornate precedenti: