5 Gennaio 2025 – Salita alle Casere Marin in Val Lapisina, sul Troi de Montagna, con discesa sullo stesso percorso.
Oggi decidiamo di restare in zona, ma di fare qualcosa di un po’ impegnativo.
Passando in auto per il Fadalto ci capita spesso di osservare come i versanti della Val Lapisina siano verticali, rocciosi nelle parti centrali o alte, ed apparentemente inaccessibili ai camminatori. Ma sappiamo bene che così non è.
Ci sono percorsi più o meno marcati, più o meno difficili e più o meno noti. Non solo, c’è una comunità di camminatori locali che ne mantiene la segnaletica e ce li fa conoscere, di tanto in tanto, sui social.
Qualche giorno fa ho visto proprio la salita alle Casere Marin (1390 slm), lungo il sentiero CAI 985a, il Troi de Montagna. Mai fatto. “Bene!” mi sono detto, ma qualcun altro ha aggiunto “…è uno spacca gambe”, ed in effetti immagino che sia così, vista la parete dove si inerpica.
Parcheggiata l’auto, faccio subito la prima foto alla parete. E’ così invitante. La guardo e con difficoltà provo ad immaginare dove possa passare il sentiero.
Il Troi de Montagna si prende al lato della strada, e parte salendo rapidamente. Il primo tratto è caratterizzato da pietraie, arbusti, pietraie … e salita.
S’incrocia dopo alcuni minuti un sentiero che si muove in quota e lo si attraversa. Da qui o poco oltre l’ambiente si fa più boscoso, meno pietraia, meno arido.
Il sentiero si immette nuovamente su una sterrata (forse abbandonata?) che percorre verso sinistra per qualche minuto fino a lasciarla poi con una deviazione verso destra, nettamente in salita. Da qui si sale nuovamente di buon grado, ma il sentiero tiene un andamento a zig zag perfetto per lasciarci procedere spediti e costanti. Veramente ben fatto, ci si cammina con piacere e si sale, si sale rapidamente. Giù in basso ogni tanto si scorge l’autostrada e poi la Centrale di Nove con il modellino della vallata del Vajont, ancor oggi visibile nel verde del giardino.
Nuova piacevole e breve interruzione quando attraversiamo il Troi de Le Lisse, ma poi via su, senza tregua.
Ora piano piano si iniziano a scorgere intorno affioramenti rocciosi, il bosco lentamente dirada ed il pendio si fa più erto. E’ una gioia vedere come ci stiamo infilando tra le nervature rocciose del versante. Stiamo passando probabilmente nei punti dove da sotto si fatica ad immaginare una possibilità di passaggio.
Il top si tocca quando arriviamo in un posto speciale. Il terreno si fa più orizzontale, una bella parete di roccia ne limita un lato e per uscirne il sentiero varca una sorta di soglia tra la parete ed uno spuntone di roccia. Sembra di esser a casa di qualcuno! A posteriori ci dicono che probabilmente eravamo al “Bus dea Vecia” o qualcosa del genere. Molto particolare. Giochiamo un po’ ad arrampicare e poi ripartiamo. Naturalmente si sale. Sempre.
Il bosco quasi scompare, la temperatura si abbassa un pochino ma qui si procede ad un buon ritmo e ci si scalda.
Siamo ormai prossimi alle casere, le antenne del Visentin sono ben visibili sopra le nostre teste. Entriamo in un’ultima fascia boschiva e la temperatura sembra abbassarsi in modo molto deciso, o forse aumenta l’umidità … non so ma qui fa proprio freddo.
Poco dopo il Troi de Montagna esce sul un sentiero in quota. Ci siamo, usciamo dal bosco e seguendo le indicazioni procediamo a sinistra. Le Casere Marin sono ad un centinaio di metri, siamo arrivati finalmente, e questi pochi ultimi metri in piano ci portano si alle Casere Marin ma sembrano poi proseguire sempre in piano, ad unire lungo il versante erboso varie altre casere presumibilmente poggi abbandonate. Per un attimo immagino di sentire voci, il calore dei pomeriggi estivi, gente che saliva qui per lavorare, per vivere.
Ma è solo un attimo… la temperatura è veramente bassa quassù… il freddo alle mani mi riporta bruscamente alla realtà. Fatico a mangiare le upva sode che ci siamo portati. Apro la birra che ho tenuto in zaino fin quassù, ma non è che sia esattamente la bevanda giusta. Fa veramente freddo e stento a credere che meno di un’ora prima, più in basso, stavamo camminando senza giubbotto.
Mangiamo veloci e ripartiamo. La dita delle mani fanno male e ci metteranno più di mezzora a scaldarsi di nuovo.
Il rientro si svolge esattamente sullo stesso percorso, e personalmente apprezzo “ripassare” il percorso che da giù faticavo ad immaginare.
Ci mettiamo del tempo a scendere, non abbiamo fretta, e ci godiamo l’impresa che oramai volge al termine e la temperatura che ritorna più consona a mano amano che scendiamo. Ultimi tratti fra tristi arbusti e pietraie, e siamo di nuovo in strada.
Bello ed inaspettato, impegnativo ma sorprendente, soprattutto per i posti dove riesce a portarti. Solo la parte iniziale con le pietraie non mi è piaciuta granché. Tutto il resto è molto soddisfacente.
Un’ultima occhiata alla parete provando a capire dove siamo passati. Adesso il freddo inizia a farsi sentire anche qui in fondo valle, è ora di andar a vedere se l’Osteria Forcal è aperta!
Buoni giri!